TERAPIA ANALITICA ADLERIANA
Una psicologia che pone al centro l’uomo nella sua interezza
“L’uomo è una unità mente/corpo indivisibile, originale e coerente nelle sue manifestazioni”
Alfred Adler
La Psicologia Individuale è un modello teorico e clinico psicodinamico e relazionale.
Alfred Adler, dopo aver fondato a Vienna, insieme a Freud e Jung, la Società Psicoanalitica, nel 1910 abbandona il movimento psicoanalitico per dar vita ad un nuovo orientamento psicoanalitico, a cui diede il nome di “Psicologia Individuale”. Tale approccio si prefigge di ricercare piuttosto che l’origine di una determinata manifestazione psichica, la direzione, il senso e il fine. L’essere umano realizza qualcosa o vi rinuncia allo scopo di raggiungere certi risultati, coscienti o inconsci.
Ogni individuo è spinto a realizzare la propria personalità da una forza, il “Sé creativo”. La psicoterapia si propone di riorientare il paziente rispetto al rapporto che egli ha con la realtà attraverso incoraggiamento e compartecipazione emotiva dell’analista.
“L’individuo è indivisibile e agisce sempre con uno scopo“. Questa citazione sottolinea due pilastri fondamentali del pensiero adleriano:
- Indivisibilità dell’individuo: Adler rifiuta una visione frammentata della persona, sostenendo che mente e corpo, pensiero ed emozione, siano strettamente interconnessi e inseparabili. L’individuo è un’unità olistica.
- Azione finalistica: Ogni comportamento, ogni pensiero, ogni emozione è orientato verso un obiettivo, un fine. Questo fine può essere cosciente o inconscio, ma è sempre presente e guida le azioni dell’individuo nel suo percorso di vita.
Questa prospettiva pone l’accento sulla motivazione, sul contesto sociale e sulla ricerca di significato come motori principali del comportamento umano, distinguendosi da altri approcci psicologici che potrebbero focalizzarsi maggiormente su pulsioni inconsce o determinismi ambientali.
Psicologia dell’empatia
La letteratura greca è stata il trampolino di lancio per tuffarmi nel mondo della psiche, così caro e conosciuto agli antichi greci. Ed è proprio dagli antichi greci che ereditiamo il significato sublime di questa parola Empatia, da “Empatheia” che nella sua etimologia racchiude “en” dentro e “pathos” affetto. E riflette la compartecipazione emotiva, il sentire interiore che permette la comprensione dell’altro.
Adler pone come centrale la dimensione empatica, legandola all’istanza del Sentimento Sociale, alla cui origine si trova fin dalla nascita il bisogno primario di affetto, cure, amore. Se viene riconosciuto e coltivato con sufficienti attenzioni e scambi di reciprocità da parte della madre o del caregiver consente nel tempo lo sviluppo nel bambino del sentimento sociale.
L’Empatia tende all’incontro con ciò che è Altro da Sé, per comprenderlo e capirlo in profondità. Allo stesso modo risulta fondamentale nella relazione terapeutica in quanto risponde principalmente alla domanda “dove si trova l’altro emotivamente?” La comprensione del vissuto permette all’altro di sentirsi ascoltato, riconosciuto, rispettato.
In quest’ ottica l’altro è un mondo a sé stante, con tutto il suo bagaglio di esperienze, complessità e specificità, ma mosso verso l’incontro e lo scambio.
Terapeuta e paziente sono coinvolti in un percorso di crescita e di sviluppo del proprio sentimento sociale, in una dimensione creativa e feconda, che porterà al cambiamento e alla guarigione.



